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Leadership e cultura del controllo. Perché è così difficile per i manager dare e ricevere feedback?

Intervista del team podcast del Northern Italy Chapter del PMI

Sarò sincera… quando Davide Giorgi mi ha contattata per propormi un’intervista per il podcast del Project Management Institute sul tema del feedback ho provato per prima cosa stupore.

Questo perchè non avevo mai associato il project management ‘accademico’ a tematiche più soft quali la leadership, la cultura organizzativa o la comunicazione non violenta.

Eppure se torno indietro con i ricordi agli insegnamenti dei miei docenti (tra questi Luigi Punzo e Giovanni Caputo) del corso in Project Management che frequentai anni fa, ricordo bene una frase che mi colpì positivamente: ‘un project manager deve utilizzare una comunicazione chiara e positiva affinché i membri del team siano incoraggiati e motivati’.

Da allora sono passate ere geologiche e tutto il settore si è evoluto aprendosi a nuovi paradigmi e approcci teorici e gestionali: basta leggere le interessanti ma anche ‘scomode’ domande che Davide Giorgi ha pensato, per scavare a fondo ed indagare le diverse dimensioni che legano nel bene e nel male leadership, cultura organizzativa, comunicazione assertiva e feedback.

riunione

Grazie Beatrice e complimenti per il tuo percorso.
Spesso nelle aziende, succede anche in Italia, c’è il timore di esprimersi o criticare in presenza di un manager o di un proprio superiore. Quali conseguenze indesiderate può comportare questo comportamento?

Nelle aziende la paura di esprimersi di fronte alla gerarchia a volte genera vere e proprie epidemie di silenzi.

Nella mia esperienza professionale, come consulente e Coach, mi è capitato molte volte di assistere a riunioni in cui parlava solo una persona: riunioni in cui assistevo a dei veri e propri monologhi, senza alcun cambio turno, senza interruzioni o domande, che portavano ad una comunicazione mono-direzionale.

Questa tendenza al solipsismo che hanno alcuni manager porta a mancanza di dialogo, all’inibizione del pensiero divergente, e in generale ad un impoverimento delle conversazioni e del contributo creativo.

Allo stesso tempo posso dire che quando lavoro con i manager, anche in semplici percorsi di team coaching che non hanno necessariamente uno specifico focus sulla leadership, ho riscontrato che il primo cambiamento che affrontano è proprio questo. Le prime domande che mi fanno sono: Beatrice pensi che dovrei lasciare più spazio al team durante la riunione? Forse dirigo troppo la conversazione? Che ne dici, forse parlo per troppo tempo?

Ecco questi sono i primi quesiti che si pongono e che poi li portano ad un cambiamento di stile nella loro leadership e di conseguenza un cambiamento nel modo di comunicare e relazionarsi rispetto al team.

silenzio
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Quali possono essere le ragioni che portano le persone a non esprimersi?

Le neuroscienze ci insegnano quanto la paura, nei contesti professionali, abbia un impatto negativo in quanto di fatto inibisce l’apprendimento e la collaborazione.

Amy Edmonson nel suo libro ‘Organizzazioni senza paura’ cita alcuni dei suoi studi sulla connessione tra paura e silenzio nei luoghi di lavoro.

In base alle sue ricerche ci sono diverse ragioni che portano le persone a non esprimersi:

  • in primis la paura di essere etichettati in modo negativo;
  • il bisogno di tutelare la propria posizione lavorativa;
  • infine la paura di danneggiare le relazioni con gli altri.

Questi studi ci dicono anche che quando una cultura del feedback e dell’ascolto è scarsa, nelle aziende tendono a proliferare specifici comportamenti che possono risultare pericolosi, specie in alcuni settori.

Cosa si verifica a lungo andare:

  • la tendenza a non esprimere opinioni o idee divergenti;
  • aumentano i nascondimenti o gli avvertimenti inascoltati;
  • si crea una diffusa illusione di successo, la cui conseguenza può essere quella di sottovalutare i rischi.
confronto
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Collegato a questo, aggiungerei che spesso la percezione è che i manager e i Team leader abbiano timore di perdere la propria autorità e autorevolezza. Difficilmente un leader vuole sentirsi dire da un collaboratore che ha sbagliato o ha svolto un lavoro mediocre…

Sì è proprio come dici… Per il management non è facile aprirsi all’Altro, anche perché questo significa abbandonare cento anni di scuola di management tradizionale, cioè significa abbandonare una cultura che ci ha portato fin qui che è la Cultura del controllo.

Cos’è che è cambiato oggi?

Oggi il management si muove nel territorio della complessità e per muoversi in questo territorio è necessario affidarsi all’iniziativa dell’Altro. Quindi oggi il manager dovrebbe abbandonare l’approccio del conquistatore che ha tutto sotto controllo e invece adottare l’approccio dell’esploratore, di colui o colei che sperimenta, che non ha necessariamente la ricetta pronta, che non ha la soluzione a tutti i costi.

Tutto questo implica lasciare andare il controllo per affidarsi all’Altro, mettere l’Altro al centro sia come cliente a cui fornire valore, sia come collega o collaboratore con cui lavorare per raggiungere quel valore.

Non ce ne rendiamo conto ma quando lavoriamo con i nostri progetti, prodotti e iniziative noi di fatto creiamo valore soprattutto per l’Altro.

E in questo senso saper dare e ricevere feedback, per il management, rappresenta il primo passo per aprirsi alla prospettiva dell’Altro.

L’Altro costituisce la fonte primaria di conoscenza su di noi, sul nostro lavoro, progetto o prodotto, sia che si tratti di un cliente, di un capo o di un collega.

Non è un caso se saper dare e ricevere feedback è una competenza essenziale per chi riveste un ruolo di leadership.

Infatti per chi ha un ruolo di leadership è importante saper dialogare con il proprio team e con i propri stakeholder. Quanto questo può influenzare la qualità e la direzione della vita lavorativa del Team leader e del team stesso?

Daniel Goleman ci insegna come i leader abbiano un ascendente sul flusso emotivo del team sia in senso positivo che negativo.

Non a caso nei suoi studi sulla Primal Leadership ci invita a riflettere proprio sull’impatto e sull’influenza significativa che ogni giorno il manager può avere nella vita dei suoi collaboratori.

Come impatta un leader sui suoi collaboratori? Sicuramente con il suo atteggiamento, con i suoi comportamenti e soprattutto attraverso ciò che comunica. Proprio per questo motivo il feedback è uno tra gli strumenti di comunicazione più potenti quando si parla di leadership.

Ci si aspetta che chi riveste un ruolo di leadership abbia la capacità di saper usare le parole giuste, nel momento e nel modo giusto per guidare il team verso il successo. Questo comporta avere la consapevolezza del proprio linguaggio abituale, in modo da usarlo come leva di crescita per generare benessere.

Dopotutto un bravo leader dovrebbe saper ‘creare un mondo al quale le persone desiderino appartenere’ e il saper raccontare questo mondo è indispensabile per favorire la partecipazione, il commitment e la collaborazione dei membri del team.

Oggi all’interno delle aziende, senza che ce ne rendiamo conto, siamo assuefatti ad un linguaggio standardizzato. Eppure le parole che ogni giorno un manager o un Team leader sceglie di usare, con il proprio team o con i propri stakeholder, possono influenzare la qualità e la direzione della loro vita lavorativa.

Personalmente do molta importanza a questo aspetto, nel mio corso sul feedback ad esempio in un modulo approfondisco i temi della comunicazione assertiva e dell’uso consapevole delle parole. Questo perché come diceva Paul Watzlawick: ‘nella comunicazione quello che conta non è l’intenzione ma l’effetto’. L’effetto che produciamo con le parole che scegliamo, più o meno consapevolmente di usare, determina anche il modo in cui ci influenziamo l’un l’altro, all’interno dei team e nelle relazioni con i colleghi.

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Rimango a volte sorpreso quando alcuni team leader conoscano poco i membri del proprio team. Spesso i team leader si lamentano del carico emotivo degli sfoghi del proprio team, quando in realtà anche questo aspetto è parte del lavoro di un leader: consolidare i rapporti tra i membri di un gruppo di lavoro dovrebbe essere il modo migliore per ottenere, dare e promuovere feedback..

Sì spesso vedo anche io contesti lavorativi che danno poco spazio alle emozioni, a tutta la dimensione del limbico. Chi mi conosce sa che il tema delle emozioni è un tema a me caro. Soprattutto ultimamente sento spesso parlare di feedback tecnico, scopro framework per dare feedback che si concentrano solo sul compito e non sulla relazione.

Addirittura in un webinar che ho seguito in questi giorni si parlava di ‘azzerare le emozioni sul posto di lavoro’, ecco per me l’espressione dell’Io assertivo e delle emozioni rappresenta una dimensione fondamentale del feedback. E nell’allenare i professionisti a dare feedback li invito a porre l’attenzione alle loro emozioni e ad esprimerle in modo efficace e produttivo.

Dopotutto il potere delle emozioni consiste nel fatto che rappresentano un linguaggio universale capace di abbattere qualsiasi barriera linguistica, culturale e sociale.

Se ci pensiamo bene qualsiasi persona, in qualsiasi parte del mondo, indipendentemente dal suo background, potenzialmente è in grado di comprendere le nostre emozioni primarie e connettersi empaticamente con noi. E questo è potentissimo, quindi le nostre parole e le nostre emozioni se usate nel modo giusto possono davvero essere dei veri super poteri.

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Oggi ci troviamo sempre più spesso a lavorare in team eterogenei, cioè composti da persone di nazionalità, lingua, cultura, formazione e fascia di età molto diverse tra loro. Come poter affrontare i feedback in uno scenario di grandi differenze culturali e di opinioni? E come poter gestire i conflitti che potrebbero nascere a seguito dei feedback ricevuti?

Quando parliamo di differenze culturali e sociali mi vengono in mente le parole di Jerome Liss: ‘tra noi e l’altro c’è una barriera invisibile’.

Che significa questo…

Quando comunichiamo con gli altri esistono delle barriere invisibili, rappresentate dai differenzianti che possono essere di tipo economico, sociale, culturale, ecc… Noi pensiamo che quando comunichiamo l’Altro ci capisca al volo. Non è così, anzi a volte è l’opposto: l’Altro intende quello che può o quello che vuole.

Spesso non ce ne rendiamo conto ma il fallimento di un progetto, di una iniziativa o di una relazione altro non è che un fallimento della comunicazione. Questo ovviamente può portare ad incomprensioni, ai cosiddetti misunderstanding, ai non detti e nei casi più gravi ai conflitti all’interno dei team e delle organizzazioni. Saper dare feedback negativi in modo costruttivo ed efficace aiuta a prevenire questi scenari di conflitto e incomprensione.

Questo non significa che i conflitti spariscono: la conflittualità che significa diversità che si confronta, a volte è fisiologica.

Tuttavia saper dare feedback che portano al miglioramento significa anche saper stare nel negativo, cosa non sempre facile. Significa anche saper comunicare in modo assertivo e trasformare un messaggio in un’opportunità di crescita, sia per chi lo dà che per chi lo riceve.

Questo perché un feedback dato nel modo giusto porterà un vantaggio per chi lo riceve e si trasformerà da semplice dato informativo ad un comportamento più funzionale o produttivo.

Beatrice Bottini

Quali azioni deve intraprendere un’azienda o un’organizzazione per ottimizzare la corretta gestione dei feedback al proprio interno? In molte realtà i feedback richiesti dall’azienda sono delle generiche valutazioni annuali delle singole persone; come si può migliorare questo aspetto?

Qui farei un distinguo tra feedback e valutazione delle performance, si tratta di due processi che non vanno confusi, nelle aziende a volte esistono entrambi e va bene così. Tuttavia il feedback costruttivo come strumento di miglioramento continuo non va confuso con la valutazione delle performance che danno regolarmente i manager ai loro collaboratori o di cui si occupano le Risorse Umane.

Il feedback come competenza o strumento così come lo intendo io, come lo insegno nei miei corsi, non è un giudizio, non è un’opinione, non è un comando ma è un modo per comunicare in modo efficace e costruttivo. Se pensiamo all’etimologia del termine il feedback è per sua definizione un messaggio che torna indietro per nutrire chi lo riceve. Quindi il focus non è solo sul cosa è importante comunicare all’altro, ma anche sul come lo comunichiamo.

In qualsiasi scenario noi operiamo, saper costruire un feedback efficace, saperlo personalizzare e saperlo comunicare in modo che nutra davvero l’altro, rappresenta una competenza che chiunque sia tenuto a fornire una valutazione delle performance dovrebbe possedere. Qui faccio riferimento a chiunque gestisca aziende, team, a docenti e in generale a chi lavora nel settore della formazione e dell’HR.

Beatrice Bottini

Hai qualche esperienza personale che puoi raccontarci di aziende che hanno perseguito un percorso di cambiamento e intrapreso la corretta gestione dei feedback? Come hai lavorato?

Sì certo, di solito introduco il tema del feedback con un corso di formazione che prevede una parte teorica e una esperienziale con simulazioni e attività di serious gaming, quindi sia teoria che pratica.

In alcuni casi in cui c’era necessità di lavorare sulla sicurezza psicologica nei team e di supportare la leadership, si è pensato ad un percorso che comprendesse il corso sul feedback insieme a workshop dedicati su sicurezza psicologica in alcuni casi e sulla leadership in altri.

Dopo il training e i workshop, per consolidare il programma di implementazione dei cicli di feedback, sono seguiti percorsi di team coaching o business coaching, a seconda dell’azienda le richieste e le necessità sono diverse ovviamente.

Ad esempio. In alcuni casi al corso di formazione è seguito un percorso di business coaching rivolto a team leader e a coordinatori. In questo caso ho potuto accompagnare i professionisti nelle fasi di consolidamento dell’abitudine a dare e ricevere feedback, sia positivi che negativi, con l’obiettivo di arrivare alla diffusione di una vera e propria cultura del feedback nei loro team o aziende.

Questo comporta di certo fare pratica, saper cogliere le opportunità di dare e ricevere feedback e a volte comporta sperimentare pratiche per poi farle diventare delle best practices aziendali, quindi diffonderle a livello organizzativo, quando risultano efficaci per i collaboratori o per i team.

Beatrice Bottini

Arrivati insieme a questo punto, devo porti la domanda più difficile ma molto utile per i nostri ascoltatori: come possiamo dare e ricevere un feedback veramente costruttivo?

Giusto, a questo punto ti porto degli esempi concreti: nei miei corsi e workshop alleno i professionisti ad identificare la struttura del feedback.

Per aiutarli a costruire in modo corretto l’anatomia del feedback, ho ideato le ‘Carte del feedback’ utili durante le simulazioni prima e poi nella vita reale, quando occorre mettersi in gioco e fare pratica con collaboratori e colleghi.

Quindi in primis li invito a focalizzarsi su comportamenti e azioni oggettive, a distinguerle dalle opinioni e dai giudizi anche nel modo in cui comunichiamo, molto banalmente nelle parole che usiamo e di cui spesso non ci rendiamo conto.

In secondo luogo li alleno a porre l’attenzione sul destinatario, quindi chiedo: a chi vuoi dare questo feedback? Chi è questa persona? Che relazione ha con te, che carattere ha, cosa le piace, cosa non le piace?

Invito a pensare a chi riceverà il feedback e a fare pratica riflessiva: anche in questo caso alcune delle carte contengono specifiche domande che guidano i professionisti in questa fase.

Poi infine, cosa molto importante per i manager, invito a porre il focus sul comportamento desiderato in futuro. Alcune ricerche, infatti, hanno dimostrato che quando il feedback racchiude un riferimento specifico a comportamenti o azioni che si potrebbero o vorrebbero attuare nel futuro questo ha una maggiore probabilità di tramutarsi in un comportamento e poi in un’abitudine.

Bene, siamo alla fine del tempo a nostra disposizione. So che stai affrontando tutti questi temi nel tuo corso sul ‘Feedback e la comunicazione assertiva’… Se qualcuno dei nostri ascoltatori avesse delle domande e volesse approfondire l’argomento come possono seguirti o rimanere in contatto con te?

Per chi avesse domande o semplicemente volesse entrare in contatto con me può farlo su LinkedIn o tramite il mio sito web www.beatricebottini.it

Per chi invece desidera approfondire l’argomento posso dire che il 23 Aprile sarò al TEDx Youth presso l’Istituto Scolastico ITT Colombo di Roma con una Masterclass dedicata al Feedback e alla comunicazione assertiva per la Generazione Z.

Ottimo. Ringrazio Beatrice per il prezioso contributo, ringrazio e saluto chi ci ha ascoltato, e a risentirci al prossimo episodio.

Grazie a te Davide per queste belle domande e per dare voce al tema del feedback.

E grazie ovviamente a tutti gli ascoltatori.

Riferimenti bibliografici