“Una cosa è certa: se un amministratore delegato è entusiasta di una acquisizione particolarmente folle, il suo personale interno e i suoi consulenti esterni avranno a disposizione tutte le proiezioni necessarie per giustificare la sua posizione. Solo nelle fiabe ai Re viene detto che sono nudi!”
Warren Buffett
Qualcuno dica al Re che è nudo!
I vestiti nuovi dell’imperatore è una fiaba scritta da Hans Christian Andersen e pubblicata per la prima volta nel 1837.
La fiaba narra la storia di un Re vanitoso che amava i vestiti più di ogni altra cosa e che finì per essere raggirato nel seguente modo:
Un giorno due imbroglioni giunti nel regno si recano al Palazzo Reale. Ricevuti dal Re gli dicono: “Maestà noi abbiamo portato per lei il vestito più bello del mondo. Un vestito magico così speciale e raro da risultare visibile solo agli occhi dei più intelligenti”.
I cortigiani che circondano il Re pur non vedendo il vestito, per non essere giudicati poco intelligenti, si mostrano entusiasti per la magnificenza dell’abito.
L’imperatore, non volendo apparire stupido o ignorante, accetta così di acquistare l’abito e di indossarlo in occasione di una grande sfilata cittadina.
Col nuovo vestito sfila per le vie del regno di fronte a una folla di cittadini, i quali venuti a sapere che solo le persone intelligenti possono vedere il nuovo vestito del Re applaudono a gran voce l’eleganza del sovrano.
L’incantesimo è spezzato da una piccola voce nella folla, un bimbo che grida con innocenza: “Non è vero! Il Re non indossa niente, è nudo come il giorno in cui è nato!”.
A questo punto l’imperatore rabbrividisce perché sa di non avere niente addosso ma pensa: “Ormai devo restare fino alla fine”.
E così continua a sfilare ancora più fiero mentre i ciambellani lo seguono reggendo uno strascico che non esiste.
Morale della favola…
Meno feedback sinceri ricevete e più correte il rischio di ritrovarvi “nudi” sul posto di lavoro o continuare a commettere gli stessi errori noti agli altri ma non a voi.
Inoltre più si sale nell’organigramma aziendale e maggiore è il rischio che i vostri errori possano compromettere negativamente l’azienda o il team in cui lavorate.
Questo è il motivo per cui è fondamentale coltivare una cultura del feedback: l’abitudine ad indursi al miglioramento continuo ricevendo e fornendo regolarmente feedback positivi e/o negativi.
Perchè coltivare una cultura della sincerità sul posto di lavoro
Un’azienda che ha deciso di investire nella cultura della sincerità è Netflix che ha sviluppato un vero e proprio programma di formazione aziendale per promuove feedback frequenti.
“A Netflix ci adoperiamo affinché le persone si scambino continuamente feedback professionali e costruttivi, a ogni livello e attraverso tutta l’organizzazione.”
Reed Hastings, co-fondatore di Netflix, si è reso conto che le persone che forniscono e ricevono feedback continuamente imparano più in fretta e sono più efficienti.
“Mentre cominciavamo a fornirci a vicenda una crescente quantità di feedback sinceri ho notato che riceverli presentava un vantaggio aggiuntivo: spingeva la performance nell’ufficio a nuovi livelli.“
Una Cultura del feedback contribuisce a creare un clima aziendale di fiducia e positività, due fattori fondamentali per la crescita.
Nonostante infatti l’incremento dei ricavi di una azienda dipenda da molteplici fattori, secondo alcune ricerche il clima aziendale incide sul fatturato in una percentuale che va dal 20% al 30%.
Inoltre un clima di fiducia comporta anche minore necessità di gerarchia, regole rigide e controllo, il che significa maggiore delega, autonomia e senso di responsabilità da parte di team e professionisti.
Questo circolo virtuoso innescato dalla cultura del feedback pone le basi per una migliore agilità organizzativa.
Sapere come fornire un feedback è essenziale
Il primo passo per favorire una cultura di sincerità sul posto di lavoro consiste nell’allenare tutti i dipendenti a fornire e ricevere adeguatamente i feedback.
Un clima di apertura infatti non significa poter dire tutto quello che ci passa per la mente senza alcun rispetto per i sentimenti degli altri.
La differenza tra un feedback, un giudizio, un’opinione o un comando infatti risiede proprio nella struttura del feedback e in tutte le sue peculiari componenti che non possono di certo essere lasciate all’improvvisazione.
Non a caso numerose aziende hanno investito in programmi di formazione sul feedback, tra queste Netflix ha anche creato un’apposita guida per fornire un feedback efficace.
Nelle sue linee guida del feedback «4 A» Netflix definisce alcuni principi che devono guidare chiunque fornisca e/o riceva un feedback:
- Aim to Assist – Mirate ad aiutare: il feedback deve avere uno scopo buono, essere cioè finalizzato ad aiutare l’altro.
- Actionable – Attuabile: il feedback deve concentrarsi su aspetti concreti che chi li riceve può comprendere e modificare. Solo così può portare ad un reale miglioramento.
- Appreciate – Mostrate apprezzamento: chi riceve il feedback dovrebbe accoglierlo in modo positivo esprimendo apprezzamento. Con un grazie, un cenno gentile o un tono della voce amichevole.
- Accept or discard – Accettate o respingete: chi riceve il feedback non è costretto a seguire il suggerimento dell’altro, deve sentirsi libero di decidere in totale libertà di accoglierlo o rifiutarlo (mi è utile questo feedback? se sì lo tengo e decido cosa farci altrimenti lo butto via).
Porre le basi di una cultura della sincerità implica in primis insegnare a tutti i dipendenti a fornire e ricevere adeguatamente i feedback per poi incentivare questa pratica fino a farla diventare un’abitudine virtuosa.
“L’unica domanda rimasta è dove e quando fornire feedback, e la risposta è ovunque e in qualsiasi momento.”
Reed Hastings
Un suggerimento per allenarsi al feedback è quello di creare giornalmente uno spazio per lo scambio di feedback, io ad esempio mi prendo del tempo, dai 5 ai 10 minuti, al termine sia delle riunioni che delle sessioni di coaching.
Più gentilezza e meno arroganza
Sempre più spesso lavorando con team e organizzazioni mi rendo conto di quanto al concetto di gentilezza, ormai banale quanto ridondante, non venga data la giusta importanza tanto da risultare in alcuni contesti assolutamente assente.
Al suo posto impera l’arroganza soprattutto in ambienti gerarchici e in quelli in cui c’è molta densità di talento, cioè professionisti davvero brillanti nel loro ruolo.
Ciò comporta che vuoi per il loro ruolo aziendale vuoi per le loro competenze si sentono superiori agli altri e spesso in diritto di esprimersi in modo sgrammaticato o poco rispettoso.
Eppure se si vuole coltivare una cultura della sincerità è necessario apprendere il modo in cui esprimere il proprio feedback affinché porti un reale beneficio all’altro e questo non passa solo attraverso il cosa diciamo ma anche attraverso il come lo diciamo.
A mio avviso non dovremmo mai perdere il focus sull’impatto che i nostri comportamenti e le cose che diciamo possono avere sugli altri.
L’arroganza sul posto di lavoro infatti può avere un costo altissimo: inquina letteralmente il clima aziendale minando la fiducia all’interno dei team, con conseguenze sull’efficacia a lungo termine del lavoro di squadra.
Conclusione
Credo sinceramente che possiamo usare il nostro lavoro e le nostre competenze per rendere il mondo migliore, e non sto parlando di porre fine alle guerre o al surriscaldamento climatico, sto parlando di piccoli gesti alla portata di tutti.
Ogni giorno infatti abbiamo la possibilità di avere un impatto positivo sugli altri influenzando la loro vita lavorativa. Il feedback ne è un esempio: con un piccolo dono infatti è possibile contribuire a rendere migliore la vita di chi ci circonda.
Riferimenti bibliografici
- H. C. Andersen, Tutte le fiabe, Newton Compton Editori, 2018
- M. Silva, Fiabe della buona notte per project manager, 2017
- R. Hastings, E. Meyer, L’unica regola è che non ci sono regole, Garzanti, 2020